Andrej Kravcuk, vincitore del Premio Tatiana Pavlova 2017

Kravchuk è il regista della nuova Russia. Si avvicina al cinema con Aleksei German e Vladimir Vengerov. Studia all’Istituto di cinema e televisione di St.Pietroburgo.

Tra il 1992 e 2001, scrive e dirige i film Indonesia – lubov’ moya (Indonesia, My Love), Otbleski i Teni (Reflections and Shadows), Vecher i Utro (Evening and Morning) and Rozhdestvenskaya Misteriya (The Christmas Miracle); the documentaries Deti v Strane Reform (Children in the Country of Reforms), Tamozhnya (Customs) and Marlen Shpindler; and episodes of the television series Ulitsa razbitykh fonarei (Streets of Broken Streetlights) and the television miniseries Agent Natsional’noi Bezopasnosti (Agent of National Security).

Nel 2002, dirige il film Chernyi Voron (Black Raven) e il documentario Semyon Aranovich: Poslednii Kadr (Semyon Aranovich: The Final Shot).

Nel 2005, dirige il film Italyanets che viene accolto molte bene dalla critica. Nel 2016, dirige il colossal Viking, un film di straordinaria bellezza.

Andrei Kravchuk è la misura del fermento delle idee e della creatività rivoluzionaria della Russia del nostro tempo. Nel flusso inarrestabile di immagini, scopre, si innamora e si lascia ferire dagli eventi di cui è a ritmo alternato spettatore e protagonista. Ricerca la natura dell’uomo costruendo un equilibrio perfetto con le esigenze del progetto filmico. Nelle grandi immagini propone allo spettatore ciò che l’occhio non riesce a vedere. La vita è colta nel suo divenire tragico, fantastico, straordinario. Lo schermo diventa il microscopio e il telescopio del tempo, la possibilità di vedere senza confini né distanze. Coinvolge lo spettatore in un insieme di rivolte emotive e riesce a rendere visibile l’invisibile, chiaro ciò che è oscuro, palese ciò che è nascosto, smaschera ciò che è celato, trasforma la finzione in realtà, la menzogna in verità. Con una sorta di violenza visiva, riesce a scuotere lo spettatore e lo libera dall’assorbimento passivo della storia, suscitando emozioni e nuove associazioni di idee. Italianets è il bisogno innato di identità.

Il bambino che fugge e va alla ricerca della madre simbolicamente è il popolo russo che non vuole perdersi, conscio di avere radici profonde. Admiral con una fotografia carica di colore, celebra i contrasti di un momento drammatico della Russia dove si uniscono rivolte e sensualità, eros e thanatos. In Viking ancora una volta riafferma la sua eleganza pittorica, ricerca uno stile visivo dirigendo sapientemente la luce per dare plasticità e risalto ad ogni singola immagine. Andrei Kravchuk è oggi l’erede della grande tradizione del cinema russo e realizza il sogno dell’arte rivoluzionaria e popolare proposta da Vertov e Ėjzenštejn.

Elios
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