La vicenda risale al 14 giugno 2009. Asia Naurīn Bibi è una lavoratrice agricola a giornata, madre di cinque figli. Quel giorno è impegnata nella raccolta di alcune bacche.
Scoppia un diverbio con le lavoratrici vicine, di religione musulmana. A lei era stato chiesto di andare a prendere dell’acqua. Ma un gruppo di donne musulmane l’avrebbe respinta sostenendo che Asia, in quanto cristiana, non avrebbe dovuto toccare il recipiente. Il 19 giugno, le donne denunciano Asia Bibi alle autorità sostenendo che, durante la discussione, avrebbe offeso Maometto. Picchiata, chiusa in uno stanzino, stuprata e infine arrestata pochi giorni dopo nel villaggio di Ittanwalai, nonostante contro di lei non ci sia nessuna prova, viene condotta nel carcere di Sheikhupura. Asia Bibi ha sempre negato le accuse e ha replicato di essere perseguitata e discriminata a causa del suo credo religioso. La figlia di Asia Bibi e Ignacio Arsuaga in Vaticano incontrano papa Francesco nel 2015. L’11 novembre 2010, oltre un anno dopo l’arresto, il giudice di Nankana Sahib, Naveed Iqbal, emette la sentenza di condanna a morte per blasfemia, nella quale esclude «totalmente» la possibilità che Asia Bibi sia accusata ingiustamente, aggiungendo inoltre che «non esistono circostanze attenuanti» per lei.
La famiglia ha presentato ricorso contro la sentenza avanti l’Alta Corte di Lahore. Nel dicembre 2011 una delegazione della Masihi Foundation (Mf), ONG che si occupa dell’assistenza legale e materiale di Asia Bibi, ha visitato la donna in carcere. Le sue condizioni di igiene personale erano terribili e le sue condizioni di salute, sia fisica che psichica, sono apparse critiche. Secondo Haroon Barkat Masih, direttore internazionale di Mf, Asia Bibi ha comunque espresso parole di perdono nei confronti dei suoi accusatori: “In primo luogo vivevo frustrazione, rabbia, aggressività. Poi, grazie alla fede, dopo aver digiunato e pregato, le cose sono cambiate in me: ho già perdonato chi mi ha accusato di blasfemia. Questo è un capitolo della mia vita che voglio dimenticare”. La donna ha quindi espresso il desiderio di poter tornare alla sua famiglia. Nel 2012, secondo alcune fonti, Qari Salam, l’uomo che ha accusato Asia Bibi di blasfemia avrebbe dichiarato di essersi pentito di aver sporto la denuncia, che sarebbe stata basata su pregiudizi personali ed emozioni religiose esasperate di alcune donne del villaggio. L’uomo pensò di non portare avanti l’accusa ma sarebbe stato comunque in difficoltà perché sotto pressione da parte di organizzazioni fondamentaliste islamiche.
Nel 2013, per questioni di sicurezza, la donna è stata trasferita dal carcere di Sheikhupura a quello femminile di Multan. Per i familiari è diventato molto più difficile vederla, dato che le due località distano sei ore di auto.
Il 16 ottobre 2014, dopo quasi quattro anni dalla presentazione del ricorso avverso alla sentenza di primo grado, si è pronunciata l’Alta Corte di Lahore confermando la pena capitale per la donna. Il 22 giugno 2015 la Corte Suprema ha sospeso la pena capitale, rimandando il processo ad un tribunale. Nel dicembre del 2014 Sardar Mushtaq Gill, uno degli avvocati di Asia Bibi, lamenta gravissime irregolarità nel processo, ad esempio all’interno del tribunale il cancelliere ha puntato una pistola alla testa dell’avvocato difensore. Porta inoltre prove del fatto che, in casi di accuse di blasfemia, i cristiani vengono trattati in modo differente dai musulmani.
Il governatore del Punjab, Salmaan Taseer, assassinato da un fondamentalista nel 2011. Il caso ha suscitato proteste da parte di gruppi cristiani e di organizzazioni per la difesa dei diritti umani[8] e ha portato molti pakistani a chiedere di cancellare o rivedere la legislazione nazionale sulla blasfemia. Tra questi il governatore del Punjab, Salmaan Taseer, che si è recato a trovare Asia Bibi in carcere e che proprio per il suo impegno nella revisione delle norme sulla blasfemia è stato ucciso il 4 gennaio 2011 a Islamabad da una delle sue guardie del corpo. In seguito Shahbaz Taseer, figlio di Salmaan, verrà rapito con l’intento, secondo alcuni esperti, di ottenere la liberazione dell’assassino di suo padre.
Come Salmaan Taseer, due mesi dopo, anche il ministro per le Minoranze religiose Shahbaz Bhatti, cattolico, è stato assassinato da estremisti islamici.[18] Scriverà in una lettera Asia Bibi a proposito:«Tutti e due sapevano che stavano rischiando la vita, perché i fanatici religiosi avevano minacciato di ucciderli. Malgrado ciò, questi uomini pieni di virtù e di umanità non hanno rinunciato a battersi per la libertà religiosa, affinché in terra islamica cristiani, musulmani e indù possano vivere in pace, mano nella mano. Un musulmano e un cristiano che versano il loro sangue per la stessa causa: forse in questo c’è un messaggio di speranza.» L’11 novembre 2010 Antonio Socci denuncia l’indifferenza delle più importanti.