Jacopo Cascella e il rifiuto della banalità dell’esistenza.1

Jacopo Cascella e il rifiuto della banalità dell’esistenza. 1

L’occhio non vedrebbe mai il sole se non fosse già simile al sole, né un’anima vedrebbe il bello se non fosse bella. Plotino Enneadi I,6,9,30-32

Entrare nel mondo di Jacopo Cascella in quei suoi quadri carichi di simbolismo, intrisi di esoterismo a tratti metafisico significa superare la tradizionale definizione del tempo. La rappresentazione tradizionale di oggetti esterni all’io coglie la realtà secondo le categorie dell’imperfettivo. Vede l’azione nel suo svolgersi e del perfettivo che riguarda l’azione già compiuta. Jacopo va al di là di queste categorie del percepibile. Il reale è tale, in sé e per sé, senza indicazioni precise di tempo o di spazio. Per questo nei suoi quadri troviamo una narrazione che conduce chi guarda in uno spazio temporale indefinito in cui non esiste, presente, passato, futuro.

Con Jacopo usciamo dal tempo e gli oggetti, le cose, le immagini diventano messaggio gnomico. La razionalità dell’esistenza entra nella dimensione esoterica e lancia un messaggio di ricerca in se stessi. Così in Pensiero quotidiano troviamo un racconto escatologico in cui si susseguono un calice da messa con fiori, una colomba, una mano, due pani e una gabbia da cui fugge un uccellino.

Un percorso difficile da definire che evoca in chi guarda l’Ultima cena: dove una mano offre del cibo ad una colomba e infine la fuga di un uccellino dalla gabbia.

Tutto questo esorcizza il nostro bisogno di liberarsi dai ricatti della vita quotidiana, di non avere catene e viene a mente la terribile profezia di Aldous Huxley ci sarà in una delle prossime generazioni un metodo farmacologico per far amare alle persone la loro condizione di servi e quindi produrre dittature, come dire, senza lacrime. Una sorta di campo di concentramento. Indolore per intere società in cui le persone saranno private di fatto delle loro libertà. Ma ne saranno piuttosto felici. Forse c’è di più il desiderio di essere trasportati in un’altra realtà, di fuggire, di morire e rinascere.

A ben vedere, siamo noi quell’uccellino che fugge dalla gabbia. Di chi è quella mano che da da mangiare alla colomba? Non lo sapremo mai. Jacopo si guarda bene dal precisare questo. Perché ciò che importa veramente è far riflettere a ciascuno di noi sul senso della vita. Del tempo che viviamo e di chi siamo noi e il mondo che ci circonda. Plotino proponeva a Porfirio tre strade per raggiungere la verità. La bellezza o l’amore, la musica, la filosofia, Jacopo non separa bellezza e filosofia e nella sua pittura si avverte un’intrinseca musicalità. segue

 

Elios
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