Mancano due settimane al Natale. In questo periodo cerchiamo tutti di comportarci meglio, ma la nostra bontà vacilla a tavola. Anche quest’anno, infatti, uno dei piatti simbolo delle feste è l’aragosta. Nessuno di noi, davanti alla lussuosa pietanza, pensa al percorso che il crostaceo ha fatto per soddisfare il nostro palato. Per risultare tenera e gustosa, l’aragosta viene cotta in acqua bollente quando è ancora viva. Soltanto in Italia, 1 famiglia su 3 dichiara di aver scelto l’aragosta per la cena della Vigilia. In un noto ristorante romano, il brodetto del crostaceo verrà servito accompagnato dal tartufo nero, altra prelibatezza molta costosa.
Pochi sanno che, nell’Ottocento, l’aragosta era il cibo dei poveri. Sulle coste atlantiche degli Stati Uniti d’America, le famiglie meno abbienti potevano contare su questo prodotto, che abbondava; ancora oggi, nella regione del Maine, le acque fredde del golfo costituiscono un habitat ideale. E, nella città di Rockland, si svolge un festival in cui la star indiscussa è proprio l’aragosta. Ogni anno, il primo mercoledì di agosto, si organizza una sagra che attira milioni di turisti. In cinque giorni si consumano ben 20 tonnellate di aragosta. Come se non bastasse, nello storico parco di Harbor, tra uno stand e l’altro, si fa a gara tra gli chef che hanno la pentola più grande per bollire i crostacei. Panini, involtini, vellutate, ravioli. Questo e molto altro si può assaggiare al Maine Lobster Festival.
Già negli anni Novanta, il Governo statale concesse agli abitanti di Rockland cinque trappole da pesca senza necessità di licenza. Se lungo la costa del New England vedete delle boe colorate, beh, non sono boe, ma trappole per aragoste. Dalle accuse degli animalisti, il comitato promotore del festival si difende così: “Il sistema nervoso dell’aragosta è molto semplice, assomiglia a quello della cavalletta. E’ un crostaceo privo della corteccia cerebrale, che nell’uomo è l’area del cervello deputata al dolore. Perciò, non soffre!”.
Come sostiene lo scrittore David Foster Wallace, che ha dedicato un ampio saggio all’argomento , questa risposta è alquanto sofisticata. Wallace si chiede se sia giusto bollire una creatura viva e senziente solo per un piacere del palato. Il suo scopo non è certo quello di convertirci tutti alla dieta vegetariana o vegana, ma di farci riflettere su un tema che riguarda le nostre coscienze. E il Natale dovrebbe essere una buona occasione per cominciare a rispettare i diritti di tutti gli esseri viventi, anche dell’aragosta.