La Pace di Dante rogata il 6 ottobre del 1306 tra i Malaspina e il Vescovo Conte di Luni fu presentata per la prima volta a Mosca e ad Ekaterinburg nel corso di un importante Convegno nel 2005. Nell’occasione il Direttore dell’Archivio di Stato della Spezia dr. Graziano Tonelli, responsabile dei documenti propose al pubblico russo un importante conferenza sul restauro e la conservazione dei documenti. Un’occasione davvero importante a cui parteciparono il prof. Evgenij Solonovič dell’Università di Mosca e il prof. Ilia Levin Borissoviche dell’Istituto Imeno.
L’avvenuta stipulazione della cosiddetta “Pace di Calcandola” a testimonianza dalle sette tavole a noi pervenute, contenenti la procura data a Dante dai Malaspina, documento che è conservato all’Archivio di Stato della Spezia.
Saranno infinite le vicissitudini che l’imbreviatura notarile dovrà sopportare: rischi di dispersione, di distruzione o di oblio. Alla fine la sua naturale collocazione definitiva nella sede dell’Istituto di conservazione che ne ha predisposto un primo intervento di restauro virtuale, che mi vi illustrerò, a cui farà seguito anche il successivo di restauro tradizionale sul supporto cartaceo.

Graziano Tonelli. Il restauro virtuale della “Pace di Calcandola”: un documento stipulato in Lunigiana alla presenza di Dante Alighieri. Nel 1302 Dante Alighieri, accusato in contumacia di baratteria, concussione, estorsione ed opposizione sediziosa alla politica papale è condannato ad una multa di 5000 fiorini ed all’esilio dai domini fiorentini per la durata di due anni. Alla scadenza del termine, visto che il “Sommo Poeta” rifiutava di riconoscere l’autorità giudicante e non provvedeva al pagamento della sanzione, gli verranno confiscati i beni e sarà condannato al rogo. Comincia perciò l’esilio del “Ghibellin Errante” che lo fa diventare un uomo sopra le parti, spogliandolo del suo municipalismo per renderlo cittadino d’Italia. La necessità di sopravvivere trasforma Dante in uomo di corte; lo troviamo come poeta, segretario, ambasciatore, delegato dei maggiori signori dell’Italia settentrionale che gli offrono ospitalità, accettata con buona grazia, ma vissuta come una durissima umiliazione. Sono anni molto tristi per il poeta che si sposta dalla corte dei Signori di Treviso alla casa degli Scrovegni, ricchi mercanti padovani, dove raggiunge prima Bologna poi la Lunigiana, alla corte del Marchese Moroello Malaspina.
In quegli anni egli inizierà a scrivere la DIVINA COMMEDIA, con uno stile umile, non aulico, che potesse essere apprezzato da chiunque. Sul finire del 1306, Dante Alighieri, si trova ancora in Lunigiana, è in viaggio per Sarzana e qui, in piazza Calcandola, nell’area dove adesso sorge il Palazzo municipale. Il 6 ottobre 1306, alle prime ore del mattino riceverà da Franceschino Malaspina, per atto del notaio sarzanese Ser Giovanni di Parente di Stupio, una procura in bianco che lo autorizzava formalmente a trattare in nome e per conto di tutto il casato dello Spino Secco la cessazione delle ostilità con Antonio Nuvolone da Camilla, il potente Vescovo-Conte di Luni. Si trattava di una vera e propria procura generale nella quale il Poeta aveva totale facoltà di decisione nella trattativa di pace e, quella stessa mattina in compagnia dei testimoni Dante saliva al Palazzo dei Vescovi sito in Castelnuovo Magra dove veniva siglata la storica intesa, che segnerà la fine di un lungo periodo di guerre tra il potente casato malaspiano e l’altrettanto influente Vescovo di Luni.
L’avvenuta stipulazione della cosiddetta “Pace di Calcandola” à testimoniata dalle sette tavole a noi pervenute, contenenti la procura data a Dante dai Malaspina, documento che è conservato all’Archivio di Stato della Spezia. Saranno infinite le vicissitudini che l’imbreviatura notarile dovrà sopportare: rischi di dispersione, di distruzione o di oblio. Alla fine la sua naturale collocazione definitiva nella sede dell’Istituto di conservazione che ne ha predisposto un primo intervento di restauro virtuale, che mi vi illustrerò, a cui farà seguito anche il successivo di restauro tradizionale sul supporto cartaceo.

Il restauro virtuale. Allo stato attuale il documento presenta oltre a danni dovuti ad umidità ed all’azione di agenti patogeni, una vasta macchia bruna e coprente dovuta a versamento di olio di sego che ne impedisce, in parte, la lettura della grafia. Inoltre, un vecchio restauro per consolidarne la struttura di supporto avvenuto all’inizio del Novecento, ha introdotto ulteriori elementi di disturbo della leggibilità dello straordinario documento. L’intervento di restauro virtuale a cui è stato sottoposto, condotto sull’immagine e non sull’originale, non ne ha danneggiato la già fragile struttura, consentendo, attraverso l’elaborazione dell’immagine, il recupero delle informazioni non più leggibili a occhio nudo e la lettura di originali in condizione di forte alterazione fisica. Dal punto di vista tecnico l’applicazione, elaborata dalla Ditta Fotoscientifica re.co.rd di Parma, azienda lieder del settore, utilizza la tecnologia digitale applicata a tutte le frequenze della banda luminosa sia nel range del visibile (riprese RGB), sia dell’invisibile (riprese ultravioletto e infrarosso). I tre momenti distinti che hanno permesso il raggiungimento dell’eclatante risultato sono state:
1. Acquisizione dell’immagine;
2. Collazione dei dati informativi registrati;
3. Elaborazione per l’ottimizzazione del testo al fine di identificare i segni non più visibili.
Notevoli risultati ottenuti dall’innovativo procedimento qui utilizzato su altra documentazione di varia provenienza, con problematiche differenti a seconda dei danni subiti dalla carta, dallo sbiadimento dell’inchiostro o da altre patologie, saranno illustrati con l’utilizzo di un supporto digitale.