A colloquio con Erri De Luca

Scrive libri e scala montagne. Traduce dalle lingue più antiche. Lui è Erri De Luca, napoletano, autore di narrativa, Teatro, traduzioni, poesia.

Il suo primo romanzo, Non ora, non qui, viene pubblicato in Italia nel 1989. I suoi libri sono tradotti in oltre 30 lingue. Autodidatta in swahili, russo, yiddish ed ebraico antico, è interprete con metodo letterale di alcune parti dell’Antico Testamento.

Per il cinema scrive il cortometraggio Di là dal vetro, Il turno di notte lo fanno le stelle (premiato al Tribeca Film Festival), la biografia musicale La Musica Provata e il documentario Alberi che camminano.

Lo incontriamo a Sestri Levante in occasione del Riviera International Film Festival 2018.
 
Partiamo dallo sguardo. Il suo. Lei ha uno sguardo profondo, intelligente, severo, ironico, enigmatico. Scrivere è guardare?
“Quando scrivo, ascolto un io narrante. Spesso il punto di partenza è un ricordo che si agita, si arricchisce di dettagli che neanch’io conoscevo, sfugge al mio controllo e nasce la storia. Io mi limito a registrare.”
 
Immagini e parole si assomigliano?
“Immagine e parola sono in antica competizione tra loro. Il cinema costituisce una forma di possibile alleanza. La letteratura ringrazia.”
 
Tra un film e un romanzo chi vince?
“Il cinema riduce, il romanzo ingrandisce. Sembra un controsenso, viste le dimensioni del grande schermo rispetto alle della pagina di un libro. Ma il film predetermina e offre allo spettatore personaggi e luoghi già definiti. Un romanzo lascia al lettore la libertà di immaginare. Il cinema prende una storia e la rinchiude dentro un’inquadratura. Meglio leggere prima il libro dal quale il film è tratto e poi andare a vedere la sua versione cinematografica.”
 
Il suo verbo preferito è “mantenersi”, tenersi per mano. E la sua parola preferita?
“Fraternità. Perché oggi è quello che manca, è quello di cui poi abbiamo bisogno. È il deficit principale.”
 
Oggi si da poco valore alle parole mentre le parole sono impegnative, sono energia che non si può sprigionare invano…
“Ci sono delle parole da rispedire al mittente. Una di queste è “invasione”. Viene usata in maniera falsa e tendenziosa per parlare di flussi migratori che sono naturali. Un territorio è invaso da un esercito armato e non da persone che arrivano a mani vuote.
C’è poco da essere pessimisti o ottimisti. È così. Bisogna fare solo buon uso di queste risorse. L’accoglienza è fertilità e non possiamo considerare le montagne delle barriere e il mare un confine. Non lo sono dal punto di visita naturale e non lo sono mai stati nella storia dell’uomo. Le montagne sono anche valichi da attraversare e il mare una strada da percorrere che ha trasportato nel tempo navi di ogni civiltà.”

 
Come vede l’Italia?
“Questo Paese è anziano e gli anziani sono paurosi e condizionano i giovani, che sono una minoranza. Bisogna che i giovani si scrollino dalle spalle la scimmia anziana…”
 
Quali film predilige?
“Mi piace il cinema presente, non quello che arriva dopo. I film che incalzano il tempo, che sono contemporanei ai fatti che raccontano. Come Le mani sulla città di Francesco Rosi. “
 
Umberto Eco diceva che internet ha dato il diritto di parola agli imbecilli che prima parlavano solo al bar e subito venivano messi a tacere. Condivide o la libertà di parola è un diritto inderogabile?
“La libertà di parola non si discute. Credo che neanche Eco intendesse questo. Mi piacciono le chiacchiere da bar, quelle che si dicono di nascosto. A Napoli c’è un un proverbio che dice ‘Achi parla areto, ‘o culo ‘o risponne’ (A chi parla alle spalle, risponde il sedere).

Elios
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