L’Orfismo in Eugenio Montale di Angelo Tonelli. 4

L’Orfismo in Eugenio Montale di Angelo Tonello. Quarta parte.

…In Scendendo qualche volta la ‘dura materia’ naturale si anima e si inarca a testimoniare il tripudio dell’’Uno-Vastità’che sta alla radice delle cose visibili e riscatta il dolore attraverso la bellezza, con uno slancio che giunge al cuore, intriso di divino:

…Or, m’avvisavo, la pietra

voleva strapparsi, protesa

a un invisibile abbraccio;

la dura materia sentiva

il prossimo gorgo, e pulsava;

e i ciuffi dell’avide canne

dicevano all’acque nascoste,

scrollando, un assentimento.

Tu vastità riscattavi

anche il patire dei sassi:

pel tuo tripudio era giusta

l’immobilità dei finiti.

Chinavo tra le petraie,

giungevano buffi salmastri

al cuore; …

(Scendendo qualche volta, vv. 13-27)

Da confrontare con

…tu sciogli

ancora i groppi interni col tuo canto.

Il tuo delirio sale agli astri ormai.

(Avrei voluto sentirmi scabro ed essenziale , vv. 22-24)

Il mare si fa luogo di epifanie del sacro e della luce

…Sorgevano dal tuo petto

rombante aerei templi,

guglie scoccanti luci: …

(Ho sostato talvolta nelle grotte, vv. 7-9)

Ma Montale è poeta della contraddizione:

…seguito il solco d’un sentiero m’ebbi

l’opposto in cuore, col suo invito; …

(Avrei voluto sentirmi scabro ed essenziale, vv. 16-17 )

e la gioia dell’identificazione mistica con il vasto mare della vita è ossimoricamente contraddetta:

Giunge a volte, repente,

un’ora che il tuo cuore disumano

ci spaura e dal nostro si divide.

Dalla mia la tua musica sconcorda,

allora, ed è nemico ogni tuo moto.

In me ripiego, vuoto

di forze, la tua voce pare sorda. …

(Giunge a volte, repente, vv. 26-28)

…E questa che in me cresce

è forse la rancura

che ogni figliuolo, mare, ha per il padre.

(ibidem, vv. 26-28)

In Noi non sappiamo quale sortiremo nell’incertezza del tragitto esistenziale.

Angelo Tonello. In Noi non sappiamo quale sortiremo nell’incertezza del tragitto esistenziale e di fronte allo spettro della morte che si traduce nel vagheggiamento dell’eterna giovinezza, Montale cerca ristoro in una parola poetica che serbi traccia dell’esperienza orfica del mare-cosmo, e si faccia eco di quella stessa esperienza di cui si riconosce la radice mediterranea, ellenica

Noi non sappiamo quale sortiremo

domani, oscuro o lieto;

forse il nostro cammino

a non tocche radure ci addurrà

dove mormori eterna l’acqua di giovinezza. …

(Noi non sappiamo quale sortiremo, vv. 1-5)

…Pur di una cosa ci affidi,

padre, e questa è: che un poco del tuo dono

sia passato per sempre nelle sillabe

che portiamo con noi, api ronzanti.

Lontani andremo e serberemo un’eco

della tua voce, come si ricorda

del sole l’erba grigia

nelle corti scurite, tra le case.

E un giorno queste parole senza rumore

che teco educammo nutrite

di stanchezze e di silenzi,

parranno a un fraterno cuore

sapide di sale greco.

(ibidem, vv. 16-28)

E’ un motivo che ritorna in Potessi almeno costringere.

Angelo Tonello. E’ un motivo che ritorna in Potessi almeno costringere, ma con una venatura di maggiore pessimismo: il sogno orfico di unificare natura e arte nella parola si infrange – a presagio dell’ultimo Montale – contro il muro della poesia-letteratura, della vecchiaia dello spirito e del disamore:

…dato mi fosse accordare

alle tue voci il mio balbo parlare: –

io che sognava rapirti

le salmastre parole

in cui natura ed arte si confondono,

per gridar meglio la mia malinconia

di fanciullo invecchiato che non doveva pensare.

Ed invece non ho che le lettere fruste

dei dizionari, e l’oscura

voce che amore detta s’affioca,

si fa lamentosa letteratura. …

(Potessi almeno costringere, vv. 4-14)

La salvezza che nasce dall’identificazione con il ‘flusso’ è lì.

Angelo Tonello. La salvezza che nasce dall’identificazione con il ‘flusso’ è lì, nell’anima del poeta, con la sua promessa di felicità, ma l’ego non sa cedere al Sé, il letterato contrasta il mistico, e questo genera tormento. La gioia orfeodionisiaca si tramuta in nostalgia della perduta appartenenza a un ordine cosmico obliato, al circolo sacro del ciclo naturale, che condanna all’esilio lontano dalla patria originaria (che a sua volta è tópos gnostico):

Dissipa tu se lo vuoi

questa debole vita che si lagna,

come la spugna il frego

effimero di una lavagna.

M’attendo di ritornare nel tuo circolo,

s’adempia lo sbandato mio passare.

La mia venuta era testimonianza

di un ordine che in viaggio mi scordai,

giurano fede queste mie parole

a un evento impossibile, e lo ignorano.

Ma sempre che traudii

la tua dolce risacca su le prode

sbigottimento mi prese

quale d’uno scemato di memoria

quando si risovviene del suo paese.

(Dissipa tu se lo vuoi, vv. 1-15)

Uomo di pena per disconoscimento della propria vera natura.

Angelo Tonello. Uomo di pena per disconoscimento della propria vera natura, non gli resta che arrendersi alla lezione del mare, che però si converte in fuoco di ferita che brucia e che consuma: favilla di un tirso (e dunque di un fuoco sacro) misconosciuto, si autocondanna alla transitorietà per non sapere entrare nell’eterno che dimora nel profondo di chi si alleggerisca delle lamentazioni dell’ego:

…Presa la mia lezione

più che dalla tua gloria

aperta, dall’ansare

che quasi non dà suono

di qualche tuo meriggio desolato,

a te mi rendo in umiltà. Non sono

che favilla d’un tirso. Bene lo so: bruciare,

questo, non altro è il mio significato.

(ibidem, vv. 16-23)

In Clivo, che fa parte della sezione Meriggi e ombre, l’accordo mancato genera una musica disgregante, antiorfica e discorde, un ‘inferno anamorfico e allucinato:

…Come una musicale frana

divalla il suono, s’allontana. …

(Clivo, vv. 21-22 )

…un crollo di pietrame che dal cielo

s’inabissa alle prode…

(ibidem, vv. 38-39)

….Nella sera distesa appena, s’ode

uno squillo di corni, uno sfacelo.

(ibidem, vv. 81-82)

Infinitarsi significa aprire il compasso dell’ego fino al limite estremo.

In Casa sul mare, giunge la conclusione inevitata e inevitabile di una mancata iniziazione che avrebbe consentito una salvezza che consiste nell’infinitarsi, magica parola-chiave orfica.

Infinitarsi significa aprire il compasso dell’ego fino al limite estremo che segna lo sconfinamento nel Tutto. Montale riconosce ad altri la capacità diventare ciò che vogliono nel profondo e si ritrae nel malinconico alveo della tradizione critica, poetica e culturale del ‘900

…forse solo chi vuole s’infinita

e questo tu potrai, chissà, non io.

Penso che per i più non sia salvezza,

ma taluno sovverta ogni disegno,

passi il varco, qual volle si ritrovi. …

(Casa sul mare, vv. 22-26)

A Ossi di seppia seguirà la stagione ancora produttiva di le Occasioni e La bufera.

Poi, il trionfo definitivo e tristissimo della letteratura, dell’intellettualismo e della metapoesia isterilita di Satura: un grande poeta dovrebbe sapere quando fermarsi.

Elios
Editoria - Arte - Spettacolo
info@elioseditoriale.org