Rutelli e la ricostruzione di Palmira

Il terrorismo non ha solo straziato vite umane, ha anche distrutto un prezioso patrimonio culturale, secondo una visione folle di un integralismo che proibisce l’esistenza di icone, di simboli umani ed anche di figure animali. Noi siamo nati per questo, per batterci e per segnalare un pericoloso ritorno all’iconoclastia, ed è quello che stiamo provando a fare. Francesco Rutelli. Francesco Rutelli, ha fondato Associazione Incontro di civiltà,  quando sono iniziate le distruzioni in Siria e poi in Iraq, con lo scopo di tutelare e preservare il patrimonio culturale e il cui comitato scientifico è presieduto da Paolo Matthiae, lo scopritore delle rovine di Ebla considerato il più importante archeologo italiano del Medioriente. L’Associazione sta svolgendo un lavoro molto importante, programmato in tre fasi: La prima riguarda una grande mobilitazione per segnalare, a tutti i livelli, che la distruzione del patrimonio culturale ci emoziona meno delle perdite umane, ma è uno scempio che ha un significato non meno profondo. La seconda fase, dedicata alla ricostruzione di tre grandi opere simboliche, lasciando intatti su di esse anche segni e ferite del tempo. La terza fase prevede la realizzazione di un accordo tra noi e il Governo iracheno, con la collaborazione del Governo italiano, per compiere in alcuni luoghi cruciali delle ricostruzioni di monumenti che sono andati distrutti.

Tutto questo è stato realizzato  grazie ai soli fondi privati (in particolare in collaborazione con la Fondazione Terzo Pilastro Italia e Mediterraneo) e con i governi Renzi e Gentiloni e  il ministro Franceschini.

Rutelli sostiene la necessità dei “Caschi Blu della cultura”, corpi specializzati formati da studiosi, restauratori, tecnici e Carabinieri in grado di intervenire in caso di conflitto non solo per preservare il patrimonio culturale ma anche per contrastare il traffico illecito. Una task force sotto egida Unesco che può essere associata alle missioni ONU per mettere in sicurezza siti e aree a rischio. E’ un percorso iniziato con la Convenzione de L’Aia del 1954 che ha bandito i combattimenti nei luoghi di valore artistico e monumentale, impegno proseguito con delibere Unesco e Onu in cui l’Italia è sempre stata protagonista.

Ci sono voluti due anni per ricostruire il soffitto del tempio di Bel a Palmira, il toro androcefalo che decorava uno dei portali del palazzo maggiore di Nimrud e la sala dell’archivio di stato di Ebla. Ed è la prima volta che si fa un lavoro di questo tipo grazie a tre aziende italiane, che hanno usato modernissime tecnologie; un lavoro che apre la strada alle prospettive di ricostruzione nelle città e nei siti distrutti dai jihadisti, con una collaborazione internazionale. Francesco Rutelli: “La cultura deve sopravvivere e noi vogliamo essere tra i costruttori e i ricostruttori che non accettano la vittoria dei distruttori sulla cultura che appartiene all’umanità intera oltre che ai popoli che ne vengono privati da violenza e terrorismo”. L’Italia è in prima linea nel non voler accettare distruzioni che feriscono l’intera umanità ha detto Rutelli.

“Non ci vogliamo rassegnare all’idea che questi capolavori siano perduti per sempre ed ecco che tecnici italiani studiosi e la volontà che abbiamo messo per due anni per ricostruire ciò che sembrava perso per sempre siano lo stimolo per la comunità internazionale perché domani queste opere vengano ricostruite in modo scientifico e ineccepibile e tornino a essere luoghi di conoscenza, cultura e libertà e non di barbarie”. Accogliere le tre opere al Colosseo, nel secondo anello del monumento più visitato d’Italia, ha un valore in più. Francesco Prosperetti, soprintendente speciale per il Colosseo, il Museo nazionale romano e l’area archeologica di Roma. “Il Colosseo è e rimane una meraviglia del mondo e accogliere dentro una testimonianza che le meraviglie del mondo devono continuare a vivere al di là della loro fisica distruzione è il messaggio forte che viene da questa mostra.

Elios
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