Dal 12 al 14 luglio a Essentuki, nella regione di Stavropol, si è svolta l’edizione annuale del progetto “L’Italia incontra il Caucaso”, che ha riunito circa 80 rappresentanti appartenenti a 40 diverse aziende italiane, imprenditori della regione
di Stavropol e autorità locali. Tre giorni di intenso lavoro e incontri d’affari su temi che toccano medicina, agroalimentare, turismo, sia legato alla salute sia quello termale, ma anche architettura e design. Alla vigilia della manifestazione “L’Italia incontra il Caucaso”, si è tenuto il concorso di architettura e di design “Creazione della futura immagine del comprensorio turistico di Kavkazskie Mineralnye Vody” che prevedeva tre categorie di progettazione di gara. Vi hanno aderito circa 130 partecipanti da Russia, Italia e Gran Bretagna.
Nel corso del forum gli ideatori delle opere migliori hanno presentato i propri progetti aventi come obiettivo il miglioramento delle città-resort e un’autorevole giuria ne ha designato i vincitori. Il premio, pari a 500 mila rubli per ogni categoria, è stato consegnato dall’Ambasciatore d’Italia nella Federazione Russa Pasquale Terracciano.
Рer la categoria «resort termali del futuro» ha vinto il progetto italiano che prevede la realizzazione di un centro benessere con sorgenti termali a Essentuki. Lo hanno presentato i giovani architetti di Trento Nicola Chioccarello e Francesca De Facci. Nel gruppo c’è anche Margherita Maestrini, la quale non ha potuto presenziare all’evento in Russia.
Ci siamo rivolti ai ragazzi chiedendo loro di rispondere alle nostre domande e hanno gentilmente accettato di dirci qualcosa di sé e del progetto:
Conosciamoci meglio. Voi studiate all’università di Trento, in Italia, e fate parte di un team di architetti che si chiama Archi-pelago. L’avete creato appositamente per partecipare al concorso, oppure lavorate sempre insieme?
Siamo Nicola Chioccarello, Francesca De Facci, Margherita Maestrini, studenti dell’università di Trento e abbiamo appena concluso il terzo anno del corso quinquennale in Ingegneria Edile-Architettura.
Con il corso di Composizione Architettonica abbiamo partecipato al concorso nella categoria “resort del futuro” per l’area di Mineralnye Vody. Archi-pelago è nato per svolgere il corso in quanto era richiesto un lavoro di gruppo; non avevamo mai lavorato tutti e tre assieme prima d’ora, ma confidavamo in una buona riuscita del lavoro, in quanto avevamo già avuto dei rapporti di collaborazione tra di noi. È stato un esperimento che ha unito personalità con idee diverse, le quali sono riuscite a trovare un punto d’incontro creando un progetto che unifica le nostre visioni architettoniche.
Come avete preso la decisione di partecipare a un concorso in Russia? È la vostra prima esperienza di questo tipo?
L’idea di partecipare al concorso, il primo in assoluto a cui abbiamo partecipato, ci è stata data dai nostri docenti, che hanno scelto questo tema per strutturare il loro corso. Ci è stato consigliato di presentare il nostro lavoro una volta finito, per cui autonomamente abbiamo proceduto all’iscrizione, a nome del nostro gruppo, slegati dall’università.
Perché avete scelto di partecipare alla sezione “Resort termali del futuro” per la città di Essentuki, una tra le cinque città del comprensorio di Kavkazskie Mineralnye Vody?
Assieme ai professori abbiamo selezionato tre aree papabili come temi del corso: il rifacimento della struttura alberghiera nel centro di Zheleznovodsk, la realizzazione di un comprensorio turistico nel parco di Zheleznovodsk (zona vicina al lago), la realizzazione di un centro termale nel parco cittadino di Essentuki. La nostra scelta è stata quella di lavorare nel parco di Essentuki per la presenza di edifici di rilevanza storica, per cui volevamo impostare il progetto in modo che si accostasse alla presenza del piccolo tempio, per affrontare il tema del rapporto con l’esistente.
Avete svolto appieno tutti i compiti di architettura e di design previsti dal concorso creando soluzioni volumetriche e pensando agli spazi interni. Nel vostro team Archi-pelago c’è una divisione particolare, nel senso che c’è chi si occupa di architettura e chi di design, oppure lavorate sempre in gruppo?
Si abbiamo rispettato tutte le richieste del concorso, pensando anche alla disposizione degli spazi interni e delle relative funzioni. Non siamo entrati però nel dettaglio del design degli arredi, prestando più attenzione all’aspetto architettonico.
Per quanto riguarda il nostro gruppo, tendenzialmente sviluppiamo tutti gli argomenti assieme, facendo in modo che tutti e tre lavorino e contribuiscano ad ogni aspetto del progetto. In questo modo riusciamo tutti ad avere la più ampia panoramica possibile sul lavoro che stiamo svolgendo, sia per quanto riguarda la fase progettuale, sia per quanto riguarda il design dei nostri elaborati, che sono stati prevalentemente tavole grafiche, immagini, modelli e video che ci hanno permesso di raccontare il nostro edificio.
Quanto è stato difficile lavorare, considerato il fatto che non avevate alcuna familiarità con il luogo di progettazione e non conoscevate le sue caratteristiche? Dopo aver visitato la città, vi è venuto il desiderio di cambiare qualche dettaglio del progetto?
Lavorare a distanza non è mai facile, ci siamo trovati in difficoltà nel reperire informazioni dettagliate su internet ma, anche grazie all’aiuto della segreteria del concorso, siamo riusciti a ricostruire una panoramica dell’area su cui abbiamo lavorato. Il sopralluogo è comunque una cosa importante, infatti quando siamo andati a visionare l’area ci siamo resi conto di alcune imprecisioni che abbiamo commesso nello studio del luogo, senza tuttavia discostarci troppo dalla realtà. Forse, avendo avuto la possibilità di visitare con anticipo la città, alcuni dettagli del nostro progetto sarebbero cambiati, ma pensiamo che i concetti su cui abbiamo lavorati non sarebbero stati stravolti.
Quanto tempo ci è voluto per farvi venire l’idea e quanto tempo avete impiegato per realizzarla?
Abbiamo iniziato a lavorare al progetto all’inizio di marzo, per poi consegnarlo il 15 giugno. Inizialmente abbiamo passato quasi un mese a fare ricerche sul luogo, sia dal punto di vista morfologico, sia dal punto di vista culturale. Abbiamo cercato di capire quali fossero le tradizioni caucasiche legate alle cure termali, con uno sguardo rivolto all’innovazione e alle richieste del moderno turismo. Abbiamo quindi definito quali potessero essere i concetti guida da seguire per il progetto, per poi svilupparlo in ogni sua forma. Di recente, nell’ambito del corso di Architettura Tecnica, abbiamo anche studiato e definito le possibili soluzioni strutturali e impiantistiche per l’edificio.
Sorprende il fatto che per la presentazione del progetto abbiate usato un modellino di cartone. Questo è parte del processo di progettazione oppure costituisce un’alternativa al computer rendering del soggetto?
Il modello che abbiamo costruito è realizzato principalmente con tre materiali: il cartonplume, il cartonlegno ed il plexiglass. Negli scorsi anni di studio abbiamo appreso quanto sia importante realizzare in scala un modello concreto del proprio progetto, per rendersi conto in modo diretto delle volumetrie, delle spazialità e delle prospettive.
Troviamo che sia un modo molto efficace per avere una visione di insieme di quello che stiamo progettando; siamo dell’idea che il modello fisico non possa essere sostituito a pieno dal computer rendering, strumento che abbiamo comunque utilizzato per evidenziare alcune particolarità dell’edifico. Inoltre, abbiamo deciso di sfruttare il plastico per raccontare con delle foto il progetto, poiché a nostro avviso rendevano molto bene le spazialità che avevamo ricercato.
Secondo voi come dovrebbero comportarsi gli architetti rispetto al recupero degli edifici storici: mantenere il loro stile oppure creare nuove forme concise?
Dal nostro punto di vista è fondamentale rispettare la storia degli edifici.
È un elemento che può solo conferire valore aggiunto a un qualsiasi progetto. È anche certo che, grazie a forme e materiali più moderni, l’edificio storico possa essere valorizzato ed esaltato in modi nuovi e più interessanti.Anche la negazione del contesto storico deve essere frutto di uno studio attento del contesto.
Avete assistito alla presentazione di numerosi lavori realizzati da altri partecipanti al concorso. Quale vi ha colpito di più? Ci sono dei “tratti nazionali” nell’architettura moderna?
Siamo rimasti colpiti dai lavori dei colleghi russi, per la diversità di approccio all’architettura: mentre il nostro concetto nasce dallo studio del territorio e dal mantenimento della sua identità, i loro progetti sono slegati dal contesto e mirano soprattutto ad esaltare le possibilità tecnologiche del mondo contemporaneo, senza pensare alla fattibilità economica.
La crescente internazionalizzazione che contraddistingue i tempi moderni ha fatto sì che anche l’architettura abbia subito un’uniformità
delle forme. L’unico modo per mantenere un’identità nazionale è rapportarsi con l’esistente, così che le forme moderne ormai standardizzate dialoghino con la particolarità locale delle pre-esistenze storiche.
Essentuki, che impressione ha fatto a voi, giovani architetti italiani? Avete visitato qualche altra città simile? Vi è venuta voglia di conoscere la Russia più da vicino?
Nel poco tempo trascorso in Russia non abbiamo avuto l’occasione di visitare la città, fatta eccezione per il parco cittadino, nostra area d’interesse. Da quello che abbiamo potuto vedere, Essentuki ci ha dato l’impressione di essere una piccola città rivolta al turismo locale ma non a quello internazionale, forse perché non è riuscita a rimanere al passo con le esigenze del turismo termale moderno. Abbiamo anche capito che il concorso offre alla città la possibilità di tornare ad essere un polo d’attrazione a scala molto più ampia. Sicuramente il breve periodo di permanenza ad Essentuki ci ha incuriosito e la Russia sarà una delle nostre prossime mete.