Luigi Faccini, vincitore del Premio Tatiana Pavlova Edizione Speciale 2015

Incontrare Luigi Monardo Faccini significa conoscere che cosa è il vero cinema, quello che fa sognare, costruito con idee forti. Nei suoi film Faccini racconta fatti di cronaca, ambientati nelle periferie, nei manicomi, nei carceri, luoghi vissuti come ricerca antropologia e storia umana. Il suo lavoro è ricerca faticosa e attenta della vita che scorre con la sua violenza e le sue gioie. Si tratta di un lavoro sociologico estremamente raffinato, dove le vicende dei protagonisti sono raccontate con un linguaggio universale e diventano mito. Tutto il contrario delle mielose “salse americane”, preconfezionate come videogiochi, che fanno pensare che “il cinema sia finito, che abbia detto tutto quello che poteva dire, tanto povero e schematico è l’immaginario, che non sa fare altro se non raccontare sempre le stesse storie e nei moduli cui siamo assuefatti” e aggiungerei uccidere il cinema come arte e strumento per conoscere la realtà.

Faccini è un uomo controcorrente, non si è mai arreso al colonialismo hollywoodiano, combatte oggi come ieri, Davide contro Golia, con la coraggiosa produttrice Marina Piperno e utilizza il cinema per mostrare luoghi, genti, paesi, modi di vita, rifiutati dai moduli ufficiali. Consapevolmente va al di là del racconto commerciale e col suo lavoro riesce a sfatare il mito del grande cinema americano in cui le forme e i modelli sono dettati da esigenze commerciali e di controllo del pensiero collettivo. Per questo, la suggestione dei suoi film è di una potenza straordinaria. Lo spettatore riesce a vedere l’invisibile, avverte la potenza di un’arte folle e sovversiva, riprendendo la filosofia dei primi teorici del cinema muto.

Il cinema di Faccini utilizza “il potere suggestivo dell’immagine, mostra da solo le sue radici, perché si prolunga nel tempo, riprende e rielabora gli stessi temi e motivi filmici, mostrando non solo i problemi, ma anche le loro variazioni con il passare degli anni e delle generazioni” e ci fa comprendere le potenzialità di un cinema libero dalla logica del racconto commerciale. Un concetto chiave nel rapporto tra Faccini e il cinema, in cui si riassumono tutte le aspirazioni del grande cinema italiano e le frustrazioni di Premio Pavlova | 2014 13 potenzialità schiacciate da una burocrazia ottusa, miope che ha visto in pochi anni la drammatica diminuzione della produzione italiana e la progressiva marginalizzazione di Cinecittà in un probabile parco giochi.

Luigi Monardo Faccini inizia la sua avventura col cinema prima scrivendo per “Filmcritica e Nuovi Argomenti”e fondando la rivista “Cinema&Film”.

Lavora come giornalista d’assalto a TV7 e AZ, “Un fatto come e perché”, ne “Il libro bianco” sui dissidenti sovietici Sinjavskij, e poi con “Niente meno di più” nel 1970, per gli “Sperimentali” della Rai, su di un giovane prete progressista confinato in montagna dal suo vescovo. Nel 1975 realizza il “Garofano rosso”, tratto dal romanzo di Elio Vittorini, con Miguel Bosé e Elsa Martinelli. Il 1980 è l’anno del capolavoro “Nella città perduta di Sarzana”, sulle tragiche vicende del 21 luglio 1921. Successivamente “Inganni”, sul poeta Dino Campana, film straordinario che colleziona otto premi e inviti a New York, Mosca, Buenos Aires, Barcellona, Valencia, Istanbul. Fra il 1985 e il 1986 gira “C’era una volta gente appassionata”, un viaggio nella Resistenza toscana. Nel 1988 è la volta del lungometraggio “Donna d’ombra” ambientato nel mondo della modern dance con Anna Bonaiuto, vincitrice della nominatio al David di Donatello e il Globo d’oro della Stampa Estera, il Laceno d’oro ad Avellino. Seguono lavori appassionati e complessi “Notte di stelle” sul carcere minorile di Casal del Marmo di Roma e “Giamaica” sull’omicidio del ragazzo di colore Auro Bruni. Un lavoro attento ai valori etici del nostro tempo che trova conferma nel film su Rudolf Jacobs, il capitano dell’esercito tedesco passato nelle file dell Resistenza “Un uomo che nacque morendo”, vincitore del il Premio “Una mattina.

Alle radici della nostra libertà”, dedicato alla Resistenza e alla Liberazione e nel documentario “Paolinio Ranieri, l’ultimo maestro”. Particolarmente interessante “Via Lumiére angolo Méliès, quando un film non è ancora film ma fatica e gioco, amore e musica, una riflessione appassionata sul cinema”. Premio Pavlova | 2014 11 Attualmente sta lavorando ad un complesso lavoro di ricerca dedicato alla ricomposizione della memoria e delle identità della famiglia di Marina Piperno, dispersa a causa delle leggi razziali del 1938.

La sua opera è stato oggetto di ampie retrospettive da parte del Museo del Cinema di Torino, della Casa della Cultura di Milano, del Tagliacozzo Festival e della Cineteca nazionale di Roma. Ingegno fertile e fecondo, ha fondato con la sua coraggiosa produttrice l’Associazione culturale “Ippogrifo”.

È Autore di molte opere letterarie “Il castello dei due mari”, 2000, “C’era una volta un angelo di nome Willy”, 2001, “Un poliziotto perbene”, 2002; “L’uomo che nacque morendo”, 2004, AA.VV. “Trafficanti di sogni ” , 2004, “At t i del convegno sul le st rategie dell’inclusione” che ebbe al suo centro il Premio “Gente di Strada” assegnato a don Andrea Gallo nel 2003, AA.VV. Marina Piperno & Luigi Faccini: “Cinema come un’infanzia”, 2005), “Le mani raccontano, viaggio nella fatica delle donne”, 2007 AA.VV. “L’amata & l’assassino, malizia e innocenza del cinema” 2010, per la retrospettiva del Museo del Cinema di Torino AA.VV. “Don Andrea Gallo: ama, e fa ciò che vuoi”.

Attualmente sta lavorando ad un complesso progetto sulla famiglia di Marina Piperno, dispersa a causa delle leggi razziali del 1938.

Elios
Editoria - Arte - Spettacolo
info@elioseditoriale.org