Segnaliamo ai nostri lettori questa importante novità teatrale di Timpano e Frosini su Elena e Nicolae Ceaușescu. Uno spettacolo costruito sulla storia del dittatore comunista, che ha governato la Romania e travolto dalla crisi internazionale. Gli sposi, note di regia di Frosini / Timpano.
“Un uomo e una donna. Delle persone molto ordinarie, nella Romania del XX secolo. Entrambi vengono dalla campagna. Un po’ nello stesso modo l’uno e l’altra si ritrovano a militare nel Partito Comunista.
Niente sembra distinguerli dai loro compagni. Tranne il fatto che sono un po’ meno dotati della media. Sono delle creature senza smalto in un mondo senza orizzonte.” (David Lescot). Cosa sappiamo di Nicolae Ceausescu ed Elena Petrescu? Cosa sappiamo della Romania? Sin dal 1989, anno della caduta del Muro e della caduta dei Ceaucescu, la narrazione che abbiamo sentito è stata quella di due dittatori comunisti capricciosi e sanguinari, che hanno seminato il terrore nel popolo romeno, sinistri ed esagerati tiranni che hanno ridotto in ginocchio il loro Paese per oltre vent’anni. Il testo di David Lescot parte esattamente da questa immagine. Gli Sposi | romanian tragedy è la storia di un’ordinaria coppia di potere: entrambi vengono dalla campagna, si ritrovano a militare nel Partito Comunista, niente sembra distinguerli dai loro compagni, tranne il fatto che sono un po’ meno dotati della media. “Creature senza smalto in un mondo senza orizzonte”, li definisce l’autore, sottolineandone la mediocrità, il grottesco e l’assurdo, fino alla fine tragica ed ambigua: il processo sommario e la fucilazione davanti alle telecamere, sotto gli occhi del mondo, il 25 dicembre 1989. Una drammaturgia cartesiana, con un ribaltamento finale ed un inizio sufficientemente ambigui da lasciare lo spazio a due autori ed attori come noi per una lettura critica ulteriore.
Erano così come ce li hanno raccontati? Che ne è stato del Comunismo? E qual’è stato il destino della Romania dopo la loro caduta? Abbiamo cercato di voler un po’ di bene a questi due personaggi, descritti come due tiranni cinici ed esaltati dal delirio di onnipotenza ma anche come due comuni pensionati, due povere figure anche un po’ tenere e indifese, verso le quali non si potesse non provare una impossibile empatia. Abbiamo cercato quindi di lavorare su un equilibrio tra distanza e vicinanza, e di innestare l’ambiguità in tutta la costruzione scenica, disseminando piccole crepe critiche che potessero innescare domande su questa narrazione monolitica – quella dell’Occidente capitalista, democratico e trionfante – e su noi che, oggi, facciamo parte di essa. (Elvira Frosini e Daniele Timpano).