Fuori dai pregiudizi di genere, di costume e di credenze per “hackerare” e destabilizzare il sistema convenzionale di fruizione del cinema. E parlare di eiaculazione femminile, squirting maschile, sesso e disabilità, sex workers, masturbazione femminile. Questo e molto di più nel programma dell’Hacker Porn Film Festival No Gender No Border, in corso a Roma dal 24 al 30 aprile, con l’obiettivo di dare valore e visibilità alle produzioni indipendenti che fanno dei corpi, della sessualità e delle transizioni tra i generi, i nuovi soggetti d’indagine e di ricerca. E poi il post porno come scrittura in grado di scardinare i generi, le convenzioni linguistiche e il rassicurante cinema di intrattenimento a cui siamo abituati. Questo, in sintesi, il manifesto filosofico della rassegna romana ideata da Fran Stable, produttore del documentario Porno e Libertà (vincitore di un Nastro d’argento) diretto da Carmine Amoroso e da Lucio Massa, altro produttore “alternativo” di vari film indipendenti tra cui Oltre la follia di Luigi Atomico.
Il programma 2018 propone 12 lungometraggi e 26 cortometraggi e si svolge nei circoli Arci Trenta Formiche e Sparwasser. Apre il festival Il Principe di Ostia Bronx, un docufilm su due artisti bistrattati che hanno trasformato la spiaggia di Capocotta in un palcoscenico personale. Un racconto che invita a non vergognarsi dei propri fallimenti e ad essere sovversivamente autentici.
La novità di questa seconda edizione è la presenza maggioritaria di tematiche e di regie al femminile come My body rules di Emilie Jouve, in anteprima nazionale, un’indagine sul corpo performativo e sulla sua narrazione di sé e ISVN di Monica Stambrini con Valentina Nappi protagonista di un ritratto intimo e sincero che svela il lato nascosto del porno, quello mai raccontato, fatto di intimità e tenerezza.
La narrazione dei corpi femminili arriva da oriente con Fallen flower, thick leaves di Laetita Schoofs, un’indagine sul ruolo e la pressione sessuale sul corpo delle donne nella Repubblica Popolare Cinese.
Il problema del vaginismo è al centro di My fucking problem un altro documentario di Anne Van Campenhout, giovane regista olandese.
Ci si sposta in Messico con il documentario La muneca feca di Claudia Lopez Garcìa e George Reyes, che racconta la vita di un gruppo di anziane sex workers. Presentato in anteprima internazionale Female touch, il nuovo film di Morgana Mayer, una pellicola che affronta in modo onirico il tema della masturbazione femminile e che vede coinvolta tutta la scena queer romana. Il focus del HPFF è su Bruce La Bruce presente con due lungometraggi The misandrists, film su una segretissima armata di amazzoni lesbiche e il loro progetto rivoluzionario contro il patriarcato, e It’s not a pornographer, pellicola ad episodi, poetica e cinica, porno e sperimentale.
Nella sezione Documentari sono in programma Who will fuck daddy di Lasse Langstrom, una favola queer svedese mentre il regista e attivista Skyler Braeden Fox è presente al festival per presentare il suo documentario The 36 years old virgin. Tra gli eventi fuori concorso Yes we fuck, documentario su sesso e disabilità, in collaborazione con l’associazione Give Lover e Lunàdigas di Nicoletta Nesler e Marilisa Piga, il film che indaga sul variegato mondo di donne che sceglie e rivendica la scelta di non aver voluto avere figli.
Nella sezione Cortometraggi sono presenti le produzioni indipendenti di tredici nazioni del mondo, con approcci molto differenti per raccontare la sessualità attraverso l’umorismo, la poesia, il linguaggio dei corpi e la sfida alle convenzioni. Numerosi i film italiani tra cui She groped me the groped, di Lidia Ravviso e prodotto da Erika Lusta, Pow di Werther Germondari e Maria Laura Spagnoli, Ki è my papino di Diego Tigrotto e gli immancabili Rosario Gallardo con Apocalypse casting. Tra i cortometraggi internazionali Morgana Muses-Cody, il geniale video artista Antonio Da Silva, Trans’action di Kay Garnellen e Mum is back, di Dimitris Katsimiris.
Tornano le proiezioni di mezzanotte “senza confini” dedicate alla disabilità con Army of love, Self Care e Nexos, i documentari parafiliaci di Jan Soldat, le visioni estreme di Marc Martin, Sky Deep Dietrich con Enactone e tutti i corti di Ben Berlin presente a Roma.
Dopo Fuck the fascism in Rome, il progetto del 2017 realizzato da Maria Basura, per l’edizione 2018 l’artista, che girerà il suo 48 ore nella capitale, è Ben Berlin che ha iniziato a fare porno nel 2012. Il suo cinema è totalmente autoprodotto senza scopo di lucro e non commerciale. Ben Berlin usa le tecniche Bdsm come strumenti di sperimentazione per esplorare i corpi e gira i suoi film in posti abbandonati.
HFFP 2028 è anche reading, performance, cabaret, musica live. Al circolo Sparwasser il festival si arricchisce di tutto ciò che è legato alla performance dal vivo, all’approfondimento con gli autori, ai corpi che saranno una tangibile presenza nell’incontro con il pubblico.
Tra gli appuntamenti più attesi l’incontro/reading con Porpora Marcasciano, storica attivista transgender, e il suo ultimo libro L’aurora delle Trans cattive. Franca Kodi, la regina dei feticisti, con il suo Una bambina nata porno, uno straziante monologo su un trauma difficile da superare, quello di una bimba abusata da sua madre che si scopre donna attraverso le gioie del sesso.
La sezione Talking porn è curata da Mariella Popolla dell’Università di Genova e ruota su temi quali sesso e disabilità, Weinstein, binarismo di genere, sex workers e squirting maschile. Un programma consigliato sia per raffinatissimi che per ruvidi palati, solo per liberi pensatori.