Quando Stanlio…faceva Charlot…

Guardare uno dei cortometraggi di Hardy e/o di Laurel girati prima di quel fatidico Lucky Dog del 1921, che segnò l’incontro tra i due, ma prima che la coppia diventi stabile ed esclusiva bisognerà attendere la fine degli anni Venti – è un po’ come sbirciare nell’atelier di un giovane artista, osservandone gli studi, i bozzetti, le prime opere …

Ora, in un momento in cui l’opera di Stan Laurel e Oliver Hardy è più viva che mai, le Giornate del cinema muto di Pordenone, pur in questa «limited edition» costretta dalla pandemia da Covid19 (le proiezioni sono state rese disponibili sulla piattaforma streaming MyMovies), ne trattano, per dirla con le parole del critico Sergio M. Grmek Germani, la «preistoria», in un divertente omaggio: due film con Hardy e tre con (o di) Laurel, tra il 1916 e il 1925, fino a lambire la nascita della coppia, col ruolo determinante di Leo McCarey. In questi cinque film si scoprono altre importanti presenze artistiche venute a incrociare il percorso dei due comici, ancora «celibi»: Larry Semon (Ridolini), G. M. Anderson – ovvero Broncho Billy, il più noto cowboy del muto con Tom Mix e W.S. Hart – mentre la regia di Laurel del 1925, Moonlight and Noses, è una summa di presenze che si sostituiscono al qui non interprete Stan Laurel – e all’ancora assente Hardy: la coppia comica Clyde Cook e Noah Young, il deuteragonista – presente poi in tantissime opere di Stanlio e Ollio – James Finlayson, e Fay Wray, pronta a gridare davanti ad apparizioni mostruose.

Già prodotto da Hal Roach per la Pathé, questo Laurel dietro la macchina da presa va riscoperto a conclusione di una cinquina di «Laurel or Hardy». Se nei suoi primi cortometraggi, le parti del giovane Hardy – all’epoca soprannominato «Babe» – sono curiosamente dissimili dal personaggio di cui poi imparerà a vestire meravigliosamente gli abiti – appare spesso nel ruolo di “cattivo”, ancora alla ricerca di un registro, di una caratterizzazione che lo strappi al ruolo riduttivo di ciccione malefico e sfaticato cui lo condannava la sua mole, diverso è il discorso per il giovane Laurel che, sin dall’inizio andò elaborando il suo personaggio prendendo spunto soprattutto dal versante più malinconico, stralunato e infantile di Chaplin, che per Laurel rimase sempre un insuperabile maestro e un esempio.

Non a caso, nel cortometraggio girato nel 1925, recentemente recuperato nella versione sonorizzata italiana del 1939 dal progetto “S.O.S. Stanlio e Ollio” (Nulla Osta n. 30530 del 22 febbraio 1939) – in linea con i restauri delle edizioni originali mute appena presentate a Pordenone – la sua interpretazione riecheggia una versione della figura dell’ubriaco interpretata da Chaplin in un suo corto del 1915, A Night in the Show (Charlot a teatro). Il titolo in questione, L’ultima avventura di Stanlio – in originale Pie-Eyed, locuzione gergale che significa, appunto, “ubriaco” – è stato digitalizzato da una copia integrale in 16mm con sonoro ottico. La vera particolarità di questa curiosa versione consiste nel fatto che il distributore dell’epoca, la Seyta Film, non si limitò ad una semplice operazione di sonorizzazione solo con musica ed effetti aggiunti, in sincronismo con le immagini, ed optò per tramutare il film in una vera e propria pellicola sonora, con parlato in lingua italiana, eliminando tutti i cartelli, componendo ex novo musica ed effetti, senza fare uso di materiali d’archivio, e, cosa più importante, nonché singolare, aggiungendo alle pellicole un doppiaggio con dialoghi inventati di sana pianta, ma che coincidevano in maniera perfetta con il movimento originariamente muto della bocca degli attori, e con lo sviluppo logico della narrazione.

I titoli di testa ci rivelano che questa operazione fu eseguita nello studio di doppiaggio degli stabilimenti Titanus s.a. di Roma, e che la riduzione italiana è opera di Nino (Virgilio) Giannini (San Remo 1894-Ostia 1978), regista attivo già ai tempi del muto, con alcuni film di scarso successo commerciale e noto soprattutto come direttore di doppiaggio per la Pittaluga Cines e per la EIA. Il doppiaggio forzato si portò appresso i difetti linguistici e dunque anche di pensiero dell’Italietta fascista, a cominciare dall’uso della reverenziale allocuzione del “voi”. Per saperne di più clicca qui per scaricare “Stanlio & Ollio 100 anni dopo” un allegato di Diari di Cineclub.

Elios
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