scorciatoia s. f. [der. di scorciare]. – 1. Strada secondaria, viottolo o sentiero, che unisce due punti o due località con un percorso più breve in confronto alla strada principale o più importante: prendere una s.; di qui al paese ci sarebbe una s., ma è troppo ripida; conosco una s. che ci farà risparmiare un quarto d’ora.
Con la parola scorciatoia intendiamo generalmente il metodo più rapido per raggiungere un obiettivo. Quando saliamo sulla nostra auto, ancor prima di indossare la cintura, impostiamo il navigatore. Google Maps, ad esempio, ci permette di inserire un widget – un elemento grafico, in italiano diremmo congegno, miniapplicazione – ai luoghi che visitiamo spesso, per facilitare l’interazione con il programma ed ottenere nell’immediato informazioni sulla destinazione che ci interessa. Questo perché una nostra tendenza naturale consiste nella riduzione ai minimi termini di tempo ed energia. Tornando a spolverare le lezioni di matematica della scuola superiore, è possibile che ci tornino in mente le semplificazioni delle frazioni algebriche, adottate per comodità, per ridurre la frazione alla sua espressione più semplice.
Dalla quotidianità alla scienza dei numeri, adottiamo scorciatoie in infinite circostanze. E il principale responsabile di tutto questo è, senza dubbio, il nostro cervello. Molti studi in ambito psicologico, tra cui quello del premio Nobel Daniel Kahneman, sono stati sviluppati allo scopo di dimostrare che la maggior parte delle nostre scelte non è basata sulla razionalità, ma si affida a riduzioni della complessità.
La dottrina delle euristiche, chiamata anche biases o cognitive shortcuts – termine, quest’ultimo, che in italiano significa scorciatoia, non a caso – spiega i principali meccanismi di semplificazione della realtà che ricorrono nei nostri ragionamenti.
L’euristica della rappresentatività è utile per un riconoscimento che non necessiti della valutazione attenta di tutte le caratteristiche dell’oggetto in esame. Per intenderci, quando pensiamo ad un professore universitario ci vengono in mente alcuni tratti prototipici: il docente vestirà con un abbigliamento classico, porterà gli occhiali, un po’ di barba etc… Questo tipo di euristica, però, può indurci in errore e, talvolta, a ragionare secondo stereotipi.
Così come l’altra nota scorciatoia cognitiva: la disponibilità, per cui tendiamo a sovrastimare gli avvenimenti che sono più disponibili alla memoria. Una notizia negativa su un brand può minare la reputazione dell’azienda, composta da una lunga storia positiva.
Una terza euristica è nota con l’espressione effetto cornice. Questo meccanismo ci porta a considerare un evento sulla base delle informazioni che fanno da cornice. Dall’esperimento di Levin e Gaeth, carne etichettata come “magra per il 75%” è preferita a carne “grassa per il 25%”. Informazioni equivalenti producono, dunque, conseguenze diverse, a seconda degli attributi positivi o negativi.
Il bias di conferma è forse uno dei più diffusi: tendiamo a cercare, a prendere in considerazione e a valorizzare solo notizie e pareri che confermano quello di cui già siamo convinti. Se siamo contrari ai vaccini, leggiamo solo pensieri di coloro che rinunciano a proteggersi. Sarò portato, inoltre, a circondarmi di persone che la pensano come me. E, di conseguenza, a non confrontarmi, a rimanere nella mia bolla di ignoranza.
Le nostre valutazioni, allora, hanno molto poco a che fare con l’oggettività e la razionalità, ma sono influenzate da molteplici fattori che ci indirizzano ad una scelta che altrimenti sarebbe troppo onerosa. Se per ogni piccola decisione che prendiamo, dovessimo valutare con criterio pro e contro, la nostra vita sarebbe impossibile. Non sempre, però, ne usciamo vincitori, perché a volte si tratta di scelte sbagliate, fondate su percezioni errate o deformate, su pregiudizi e ideologie.