Un ponte tra scienza e società

Proviamo ad immaginare la comunicazione come se fosse un ponte, su cui transitano idee, emozioni, punti di vista. Affinché la comunicazione avvenga, è necessario che ognuno, partendo dalle due estremità, faccia un pezzo di strada; dunque, la comunicazione è un ponte transitabile in due direzioni. Non sempre, nella comunicazione della scienza, ricercatori e grande pubblico muovono i passi giusti.

La storia dell’astronomo Carl Sagan è significativa, perché permette di comprendere la difficile relazione tra ricerca scientifica e società.

Nel 1992 Sagan, Direttore del Laboratory of Planetary Studies della Cornell University, si vide rifiutare l’ingresso alla National Academy of Sciences. Nonostante si fosse distinto per i suoi studi sulla superficie di Marte e sugli oceani di Titano, per il calcolo dell’effetto serra su Venere, non era particolarmente amato dai colleghi. Questi ultimi non vedevano di buon occhio la sua attività di divulgatore, che gli aveva permesso di diventare uno degli scienziati più noti degli Stati Uniti d’America. Due anni dopo, la National Academy of Sciences ci ripensò ed egli venne premiato con la Public Welfare Medal.

I due grandi pregiudizi che Sagan è stato in grado di smentire riguardano gli scienziati che scelgono di comunicare con i “non addetti ai lavori”: l’idea che chi lo fa sottragga tempo al suo “vero” compito – la ricerca – e il concetto che il ricercatore non riesca a farsi capire, come se il suo universo mentale fosse così lontano da quello dell’uomo comune da aver almeno bisogno di un mediatore. Il giornalista? Certamente, anche se il primo passo per una corretta comunicazione scientifica dovrebbe essere mosso dal ricercatore, nel tentativo di interagire con il pubblico.

Fortunatamente non sono pochi coloro in accordo con Sagan. “Alcuni ricercatori – ricorda il biologo Giovanni Carrada – si sono sempre dedicati alla divulgazione del proprio lavoro, a cominciare da Galileo, al quale la Chiesa non perdonò proprio il fatto di aver scritto in volgare, anziché nel più oscuro latino. Ma la disponibilità a farlo è cambiata nel corso del tempo”.

Oggi comunicare i risultati delle proprie ricerche è un obbligo morale, tanto che sono le stesse istituzioni scientifiche, come la Royal Society inglese, a favorire la partecipazione dei membri al dibattito pubblico. In un report del 1985, l’organizzazione ha scritto:

Il nostro messaggio più urgente e diretto è quello agli scienziati stessi: imparate a comunicare con il pubblico, siate disposti a farlo e considerate vostro dovere farlo.

Parole attuali ancora oggi in cui il nostro sistema dell’informazione è fragile. Siamo abituati al dilagare di fake news, notizie montate ad arte e fraintendimenti. Se fino a qualche decennio fa le fonti erano limitate – carta stampata, radio e tv – oggi il digitale è una selva di informazioni. L’overloading può avere effetti negativi, se non si possiedono i giusti filtri. Le notizie pseudoscientifiche contribuiscono alla disinformazione dalle ripercussioni talvolta gravi sulla salute del singolo e della comunità. Alcuni punti di riferimento sono le riviste destinate alla comunità scientifica, come “Nature” in Gran Bretagna e “Science” negli Stati Uniti. Altrimenti, i rischi per lo stato fisico e psicologico possono trovarsi a portata di click.

Elios
Editoria - Arte - Spettacolo
info@elioseditoriale.org